mercoledì 4 agosto 2010
Coolest Rockin Concerts: Bruce Springsteen
Bruce Springsteen:
Live in New York City
Oggi Coolest Rockin Concenrts vi parlerà di uno degli artisti che da anni è sulla scena del rock e da anni continua ad emozionarci.Stiamo parlando di Bruce Springsteen,il leggendario Boss della musica,che questa volta troviamo in una performance live a New York City,davanti a centinaia di fan desiderosi di sentire la sua musica! Di questo live è stato prodotto anche un DVD uscito nel 2001,anche per gli amanti del Boss che non sono potuti andare al concerto!
Trovarsi tra le mani un nuovo disco di Bruce è sempre un'emozione. Ancora più grande se si tratta di un live aspettato, voluto, desiderato fortemente da tutta la Springsteen-Nation.
Sono tante le critiche che si potrebbero muovere a questo nuovo disco. A partire dalla copertina, che ricorda vagamente quelle di dischi di altri musicisti e che non è certo particolarmente bella o artistica. Di sicuro non è originiale: si basa infatti sull'immagine simbolo del Reunion Tour, apparsa su manifesti e biglietti. Per la cronaca, la foto che ritrae le sagome di Bruce e Clarence è di Neal Preston. Sempre a riguardo del cover art, si può criticare la grafica, che divide le canzoni in 13 tracce più 6 additional performances: ora, la suddivisione può essere dettata dal fatto che nella versione televisiva dello show del 7 luglio, trasmesso dalla rete americana HBO il 7 aprile, compaiono appunto le prime 13 canzoni. In realtà nel primo CD sono contenute le prime 10 canzoni, oltre ad una ghost track di gran lusso. Undici canzoni dunque per il primo disco, nove per il secondo. La traccia fantasma, la cui presenza non è riportata in nessun modo sulla confezione, è Born to Run, inserita alla fine del primo disco e separata dalla continuità delle altre canzoni.
Un'altra scelta che, personalmente trovo incomprensibile, è quella di aver inserito solo i testi delle canzoni inedite, secondo una nuova tendenza che pare dilagare e che, credo, non sia giusta. Se fosse il solo disco di Springsteen in mio possesso, a quest'ora starei facendo a meno di diciotto poesie di vita urbana.
Ancora critiche. In qualche canzone si avvertono fischi provenienti dai microfoni, come in Born to Run e in Lost in the Flood, All'inizio di American Skin si sente Bruce che chiede al pubblico di stare calmo ("we need some quiet"), ma se è vero che durante il concerto il pubblico si faceva sentire ("disturbando" la registrazione) è ancor più vero che nel CD per sentire il pubblico bisogna alzare il volume dello stereo a livelli inverosimili.
Sì, il pubblico: questo è un punto che ha diviso molti pareri. Secondo alcuni ci sono parti in cui è presente e parti in cui si sente troppo poco, per non dire nulla. In parole povere si ha la sensazione di una "strumentalizzazione" (volendo usare termini brutali) della funzione della folla. Secondo altri si ha la sensazione di trovarsi dentro il concerto, a pochi metri dal palco. Questione di gusti.
A descriverlo in questi termini, questo live sembra una delle cose peggiori che Bruce abbia mai partorito. Visto così, incartato, spulciato in mille modi, sezionato e analizzato al microscopio dà l'idea di un lavoro approssimativo. Possibile? Possibile che da luglio 2000 a marzo 2001 Bruce, in nove mesi, non sia riuscito a fare niente di più accurato? Dov'è finita il suo famigerato e maniacale perfezionismo?
La risposta è tutta nelle tracce di questo doppio live.
Perché tutte queste critiche possono essere vere, ma una volta acceso lo stereo e calcato play, ci si cala in un mondo sonoro incredibile, inimitabile. Una voce matura, calda, possente, ruggente, dolce, malinconica, sofferente, sofferta.
Basta guardare i titoli delle canzoni presenti su questo gioiello per far aumentare vertiginosamente la frequenza cardiaca. Titoli come Jungleland, Lost in the Flood, fanno sognare ancor prima che la musica incominci.
Si parte con My Love Will Not Let You Down, un vecchio inedito comparso nel 1998 su Tracks. E l'attacco è uno di quelli che non si dimenticano e la canzone va fortissima, spinta dalle rte chitarre di Bruce, Nils e Stevie.
Si continua con Prove It All Night, una canzone che non ha bisogno di nessuna presentazione, un grande classico, impreziosito dall'assolo del sax di Clemons e ancora dalle tre chitarre, più indemoniate che mai. Segue Two Hearts, con un memorabile duetto tra Bruce e Stevie, eseguito in quasi tuttie le date del Reunion Tour, e con l'inserimento di una parte di It Takes Two nel finale. Si passa per Atlantic City e il confronto con il live MTV Plugged, dove la canzone è comparsa ufficialmente per la prima volta in versione elettrica, sancisce definitivamente le differenze tra una band e LA Band. Bellissima Atlantic City, con il parlato della strofa finale, ad accentuarne il pathos. Ancora da Nebraska, ancora grandissime emozioni: Mansion on the Hill, una delle più belle e intime poesie regalateci da Bruce nell'arco della sua carriera. Una esecuzione da brividi fin dalle prime note, con la fisarmonica di Danny Federici e la slide di Nils che riescono a creare una magia nella magia. Credo che ascoltare questa canzone a occhi chiusi al buio una volta al giorno abbia un vero effetto terapeutico contro lo stress. E di poesia in poesia si arriva a una pietra miliare, si arriva ad una ballata tra le più belle. Anzi: LA ballata. The River. Un'introduzione dolcissima e delicatissima del sassofono ci conduce per mano sulle sponde del fiume, cantato in modo viscerale, adulto, struggente. Un accompagnamento incredibile, una melodia che dal vivo veniva sommersa dai fischi, dalle grida, dagli applausi e forse per questo non apprezzata a fondo. Siamo di fronte a pura poesia, da inserire nei testi di letteratura americana e mondiale.
Youngstown ed è rabbia, disagio, chitarre elettriche che squarciano l'aria gridando la disperazione degli abitanti della cittadina industriale. E questa versione elettrica è adrenalina pura, una forza sconvolgente, una bellezza disarmante. E viene seriamente da chiedersi come sarebbe stato The Ghost Of Tom Joad se fosse stato elettrico e non acustico, dopo aver ascoltato questa canzone. E Youngstown è seguita da Murder Incorporated e da Badlands, in un terzetto rock da brivido, eseguito in eguale successione in tutte le date del tour e andando a costituire l'ossatura centrale degli spettacoli. Si passa quindi al divertimento di Out In The Street, introdotta da Bruce che chiama a gran voce "New York City... New York City..." Una canzone che mette voglia di ballare sin dalle prime note, un grande regalo fatto da Bruce al pubblico di casa sua e ai fans di tutto il mondo.
Staccata dalla continuità del concerto, non menzionata nelle note di copertina, né in altro modo, compare, come per magia, l'undicesima traccia: Born to Run. Inutile voler dire altro: Born to Run.
Finisce il primo disco. Parte il secondo: "Is there anybody really alive out there?" e Tehth Avenue Freeze-Out comincia nel migliore dei modi. È un tripudio che dura circa un quarto d'ora e nel quale succede di tutto: Bruce presenta la band, dopo aver cantato col pubblico It's All Right e Take Me To The River. Patti canta una parte della sua Rumble Doll.
Si arriva così al primo dei due inediti: Land Of Hope And Dreams, una splendida canzone, troppo spesso lasciata da parte dai giornalisti, per dare spazio ai temi caldi toccati da American Skin. Si tratta comunque di una grande canzone, con un testo che è a metà strada tra Born To Run e The Promised Land, con un grande messaggio di speranza: su questo treno s'è spazio per tutti, perciò afferra il biglietto, prendi al volo le valige e si parte, al suono delle ruote metalliche che suonano come le campane della libertà. Era questa la canzone che chiudeva gli spettacoli, e che in questo live è in penultima posizione, seguita da American Skin, ultima canzone prima delle "additional performances". I membri della band si alternano al microfono per cantare "41 shots", ripetuto anche coralmente. La canzone parte con una linea di basso accompagnata dall'organo, in un'atmosfera carica di tensione e di pathos. La canzone è davvero bellissima, e in un crescendo irrefrenabile di dolore e di rabbia che non può lasciare indifferenti. Il testo è veramente durissimo e struggente. È una vera poesia, e per questo Bruce non ha il cattivo gusto di menzionare personalmente Amadou Diallo e di cambiare il nome di sua madre in Lena. La madre di Amadou è al concerto quella sera, e di sicuro più d'una lacrima deve aver solcato il suo volto, alle note di Bruce e della E Street Band. La canzone si chiude con bruce che sfuma mentre ripete ossessivamente " You can get killed just for living".
Così si chiude il concerto "ufficiale", e lo attesta una pausa fin troppo lunga di silenzio.
Ci si ritrova quindi ad ascoltare le 6 tracce aggiuntive.
Il pianoforte di Roy accenna un motivo, via via più chiaro, e una fucilata della batteria di Max fa partire definitivamente Lost In The Flood, una canzone che non veniva suonata dal vivo da tempo immemorabile. Un inedito in versione live, visto che non era presente nei precedenti concerti ufficiali. E quando la canzone parte con tutta la band, bisogna davvero sforzarsi per non saltare in piedi e levare il pugno al cielo, trasportati dalle note lì a pochi metri da lui, sotto il palco.
Segue una slide acidissima, amara e tagliente: è la bellissima Born in the U.S.A., in una delle sue vesti, a parer mio, più belle. E Bruce mette in campo tutta la sua classe e la sua forza emotiva, rendendo ancor più esplicito il messaggio di questa canzone troppe volte e tropo a lungo fraintesa. " I'm ten years, I'm fifteen years, I'm twenty-five years burning down the road"...
Ancora una canzone tratta da Tracks: si tratta di Don't Look Back, che resta abbastanza fedele alla versione in studio, pur guadagnando in forza ed efficacia in questa veste dal vivo.
E adesso quella che per me è LA canzone: Jungleland. Superba. Non voglio dire niente su questa canzone, tranne un particolare che mi si è insinuato nel cervello e che mi ha fatto impazzire dal godimento: la pausa del piano prima dell'arpeggio che precede l'attacco del cantato.
Il resto è storia della musica, parole di pura poesia di strada, sassofono infinito, pianoforte cristallino e chitarre e organo e basso e batteria... e Bruce!
Parte Ramrod e il divertimento è assicurato dal piano, dalle chitarre, da Stevie e Bruce. Un altro pezzo da ballare, un altro bel regalo.
Si chiude con la bellissima If I Should Fall Behind, cantata dai musicisti che si avvicendano al microfono. Una chiusura dolce, che mette il sigillo il ritorno della E Street Band ai fasti di un tempo, in un ruolo ancor più di primo piano rispetto al passato.
In definitiva un lavoro fuori dal comune, sia per la scelta di inserire grandi classici del passato, troppo a lungo snobbati, sia per la presenza di canzoni dalla durata fuori misura. Il suono è davvero di altissima qualità e si riesce a sentire persino il respiro di Bruce quando prende fiato.
Un grande lavoro che conferma, se mai ce ne fosse bisogno, che Bruce e gli E-Streeters sono in forma smagliante, che sono pronti per regalarci un nuovo disco, un nuovo tour, nuove emozioni, nuovi sogni da inseguire, nuove speranze.
Il nostro viaggio per scroprire una delle più famose performance del Boss si conclude qui.Questa recensione è dedicata a Giorgia,una grande fan del Boss! Noi ci vediamo nel prossimo appuntamento con Coolest Rockin Concerts! \,,/
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